L'attualità di un salone del passato

Appuntamento fisso ogni anno: Auto e Moto d'Epoca danno l'esempio ancora oggi.

Nel passato si possono trovare molti spunti di riflessione, sia per quanto riguarda la nostra storia personale che per quella delle case automobilistiche che hanno contribuito a rendere l’auto qualcosa più che un semplice mezzo di trasporto, trasformandola in oggetto del desiderio da ammirare, comprendere e “sentire”.

Di eventi dedicati all’heritage dell’automobilismo ne ho frequentati molti, ma ce n’è uno al quale non ho mai saputo rinunciare, dacché ho ricordi d’esser a questo mondo. Parlo della fiera patavina Auto e Moto d’Epoca, che si svolge annualmente alla fine del mese di ottobre e che, anche quest’anno, ha offerto a me e ad un pubblico sempre crescente di visitatori migliaia di bellezze a quattro ruote da ammirare in tutto il loro splendore.

Nonostante non possa negare esserci un particolare affetto che mi lega alla rassegna patavina, questa è realmente un evento fuori dal comune per qualità e quantità di vetture esposte e offerte in vendita al grande pubblico.

Ma Auto e Moto d’Epoca ha in sé un’altra caratteristica che ho sempre apprezzato e che, a dispetto degli anni trascorsi, non accenna a mutare: quella che io definisco la “densità” di auto esposte. Con tale aggettivo intendo la smodata quantità di vetture dall’enorme valore storico (e, spesso, anche economico) presentate non in pochi esemplari all’interno di grandi spazi espositivi, ma tutte affiancate l’una all’altra in padiglioni colmi di auto straordinarie, che alla vista di un vero appassionato rappresentano quasi una “visione celestiale”.

Vero è che nelle ultime edizioni, complice l’assenza di altri prestigiosi saloni dell’auto “contemporanea”, alcuni stand sono stati allestiti dalle case ufficiali con spazi più ampi, anche per mettere in evidenza e presentare con le dovute forme i nuovi prodotti a cui affidano il loro successo commerciale, ma fortunatamente i padiglioni “pieni zeppi” di auto d’epoca che tanto apprezzo vi sono ancora, e rimangono la maggioranza. Quest’aspetto della fiera patavina è sempre stato quello che più mi ha affascinato anche perché rende impossibile visitarla frettolosamente. La quantità di auto la cui gloriosa storia ha infiammato gli animi degli appassionati di tutto il mondo costringe il visitatore a zigzagare per i padiglioni sistematicamente e con ordine; in caso contrario sarebbe certo il non riuscire a scorgere, tra i migliaia di riflessi e luccichii delle carrozzerie appena lucidate, tesori che mai si sarebbe immaginato trovare o che nemmeno si ricordava essere mai esistiti.

Le auto dai marchi prestigiosi sono moltissime, forse la maggioranza, ma il grande fascino della rassegna padovana credo stia anche nel poter rivolgere la propria “caccia al tesoro” verso auto più umili, che magari hanno significato molto nella storia personale di ognuno e che, rivedendole, fanno riaffiorare ricordi d’infanzia e sapori d’altri tempi.

Nel mio caso è forse questo il motivo per cui amo tanto questa fiera, che oltre a darmi la possibilità di rivedere vecchie glorie, gli interni delle quali hanno cullato le mie fantasie ed i sogni del bambino che ero, essa stessa fa parte di quelle esperienze “magiche” fatte in fanciullezza.

Ogni volta che varco la soglia dei padiglioni rimango ammaliato, quasi fosse la prima volta, dallo spettacolo di tutti quegli esemplari esposti ordinatamente, pronti a catalizzare la mia attenzione su di sé, avvolto dall’odore di benzina e di lubrificante, distratto dai riflessi delle luci sulle carrozzerie e sui cerchi cromati a raggi Borrani delle vecchie Gran Turismo anni ’60. E’ sempre un piacere potermi protendere all’interno dei finestrini aperti per ammirare i volanti Nardi con corona in legno lucido ed i pellami che rivestono sedili e pannelli delle supercar storiche, nate decenni prima di me, per poi scoprirne particolari e tecnologie assieme a quelli delle piccole auto che hanno avuto l’importante compito di motorizzare epoche passate, grazie alle quali oggi possiamo vivere in un mondo “a misura d’automobile” (cosa che, almeno a me, piace molto).

Tra i padiglioni che più apprezzo vi è senz’altro quello che racchiude la maggior parte dei veicoli in vendita.

Qui le storiche sono quasi esclusivamente esposte non da abbienti collezionisti o rivenditori, ma da privati innamorati della propria “creatura” che li ha accompagnati per anni e dalla quale, per qualsivoglia ragione, ora hanno deciso di separarsi. Nei pochi giorni di fiera credo che sia questo il luogo ove vi sia più romanticismo che in tutto il resto della città.

Altri padiglioni sono destinati alla vendita ed allo scambio di ricambi d’epoca e modellismo, ed anche in questo caso la quantità e la varietà della merce è davvero ragguardevole. Come negli altri padiglioni qui gli odori creano un atmosfera particolare; quelli dei vecchi ricambi lubrificati strappano un sorriso ai malinconici romantici dell’auto, come pure l’odore delle paste lucidanti usate per far splendere i fregi cromati e le calandre in vendita: tutti questi input sensoriali non possono non emozionare un vero appassionato.

Ma ad Auto e Moto d’Epoca il piacere non risiede solo nel trascorrere il tempo a farsi trasportare dalle emozioni indotte da tutte le sollecitazioni che le meravigliose creature a 4 ruote sanno inviare ai nostri sensi: buona parte del piacere sta anche nello scambio di opinioni e nel confronto con migliaia di appassionati dalla grande competenza e, se si è fortunati, si può avere il piacere di scambiare qualche battuta con personaggi che nell’automobilismo hanno lasciato una traccia indelebile. Per quanto mi riguarda se penso alla rassegna patavina mi vengono in mente due grandi uomini: Clay Regazzoni e Cesare Fiorio.

Il primo era una presenza fissa ad Auto e Moto d’Epoca; ricordo con grande emozione che ogni anno ritrovavo il suo viso baffuto e sorridente aggirarsi tra le auto coeve dei suoi successi nella massima formula. Con il secondo, invece, padre delle vincenti Lancia HF e responsabile sportivo della Scuderia Ferrari in F1, ho avuto addirittura il piacere di scambiare qualche parola in occasione della presentazione del libro di Boccafogli “FIORIO: L’uomo che attirò Senna alla Ferrari”.

Tutto questo è ciò che Auto e Moto d’Epoca ha rappresentato per me e per molti appassionati dell’auto: ricordi, emozioni, occasioni per conoscere pietre miliari dell’automobilismo.

Potrei snocciolare anch’io tutti i numeri dell’edizione 2015, senz’altro indice di un grandissimo successo che può solo giovare al settore dell’auto ed alla cultura automobilistica, ma ho deciso di lasciare l’incombenza ad altri perché i numeri, come i cavalli da un esemplare all’altro dello stesso modello di auto d’epoca, posson variare, ma l’emozione data dal possedere una storica, che abbia 90 o 93 cavalli, resta la medesima. Ed è per questo motivo che ciò che credo sia importante raccontare e trasmettere di questo evento siano il sapore e la sensazione di antico e prestigioso che la rassegna patavina mi ha sempre regalato, e che spero continuerà a donarmi rimanendo una presenza costante nella mia vita, tanto irrinunciabile è diventata per la salute del mio spirito.

Unica controindicazione? Un po’ di dolore agli arti inferiori per i chilometri percorsi serpeggiando curiosi tra le file di auto esposte anche se, a onor del vero, quello che provo oggi è decisamente inferiore a quello che sentivo da bambino, quand’ero alto, più o meno, quanto una Ford GT40.

Articolo scritto da:
Antonio Polizzi
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