Benvenuta Giulia

Fiocco rosa in casa Alfa Romeo

Benvenuta Giulia,

mamma Alfa ti ha aspettato per molto tempo e noi appassionati abbiam tentato di darti un’adeguata accoglienza.

Qualcuno ha sbirciato le tue fattezze poche ore prima che tu venissi presentata al mondo ma, forse, questo ha aiutato a catalizzare l’attenzione su di te, su quello che oggi rappresenti per tutti noi ma, soprattutto, su ciò che potrai rappresentare in futuro: il rilancio della casa che ha dato i natali a generazioni di appassionati sognatori.

Personalmente ammetto che in questi 3 giorni, dalla prima foto rubata di martedì sera sino ad oggi, i pensieri si sono susseguiti e la mia considerazione per Giulia è cambiata, attraversando varie fasi.

Dapprima una foto sfocata, del trequarti posteriore, mi ha fatto notare subito la somiglianza del taglio del finestrino posteriore con quello della sorellina Giulietta, e la proporzione tra ruota e parafango posteriori, presa da quell’angolazione, mi ha fatto temere, devo ammetterlo, che sarebbe stata solo una Giulietta con il terzo volume, e con dei begli occhi rifatti (mamma Alfa, perdonami ma… ricordi 145 e 146?). Certo, avrebbe avuto la trazione posteriore ma questa, da sola, non basta a far rivivere il mito Alfa Romeo anche perché, nelle versioni non esasperate dell’auto, non è detto che saprà costituire un elemento così incisivo (ma non sto affermando nemmeno che non sarà così).

Il giorno del lancio le cose sono cambiate: seguire in tempo reale, seppur da lontano, la presentazione mi ha fatto capire quanta attesa ed emozione provassero gli addetti ai lavori, e la cornice che ha accolto la stampa di tutto il mondo – il rinnovato museo di Arese – ha fatto il resto, assieme alla voce  di Bocelli ed alle parole appassionate di chi spiegava la filosofia con cui è stata ideata la neonata del Biscione.

Vederla nel colore che solo un’auto da corsa italiana sa portare con tanta grazia ed eleganza è stato un bel momento, sentire che al suono dello scarico si è sfiorata la standing ovation lo è stato altrettanto, ma vedere snocciolati i numeri di cui è capace nella sua versione di punta è stato molto più che rassicurante.

Non c’è stato il rispetto reverenziale che temevo ci sarebbe stato nei confronti delle cugine Emiliane; non c’è pericolo per Ferrari ma qualche Maserati senz’altro nulla potrà contro una Quadrifoglio Verde e non c’è niente di male in questo, anzi. In seguito a quell’immaginario sorpasso di un’Alfa su una Maserati ciò che mi viene da pensare è che il guidatore di quest’ultima potrà solo, onestamente, ammettere che si potrà ricominciare a togliersi il cappello di fronte ad un’Alfa Romeo.

Poi siamo arrivati ad oggi, il giorno seguente a tutto il clamore, alle luci della ribalta, agli applausi ed ai commenti d’elogio in quantità industriale provenuti da tutti, competitor compresi. 

Ed è proprio oggi che mi sono emozionato di più. E’ stato strano perché la mia età non mi ha mai permesso di apprezzare le Alfa come ha potuto fare chi mi ha preceduto; sono nato in anni in cui c’era ancora la trazione posteriore per le rosse di Arese ma allora non potevo capire (ed ancora oggi mi è difficile riuscirci) ciò che rappresentavano per chi le aveva viste correre davvero, sfidando in leggendarie battaglie le case automobilistiche di tutto il mondo e vincendo su di esse. Le Alfa erano le auto da corsa italiane. Prima di Ferrari (per la quale Alfa è stata davvero una madre) e Lamborghini erano loro a rappresentare, assieme a Maserati, l’Italia nel mondo dell’automobilismo, sportivo e da turismo.

Proprio a causa di quel che è stata l’Alfa Romeo negli anni in cui ha iniziato a crescere la mia passione per l’automobilismo non ho mai dato molto peso al rapporto o al ruolo che essa ha avuto nella mia storia personale credendo che, quasi, non l’avesse.

Pensandoci bene, però, l’inizio della patologia automobilistica nella mia famiglia è iniziata proprio grazie ad una bellissima Giulietta Ti (Turismo Internazionale) seconda serie di fine anni ’50 di color biancospino, i racconti sulla quale, da bambino, mi hanno sempre entusiasmato. Ed ancora, ripensando meglio, ricordo una mia visita nell’officina presso la quale ancor oggi porto le mie auto: avrò avuto 3 o 4 anni, e rimasi letteralmente ammaliato da una AlfaSud Sprint, manco a dirlo, rosso Alfa. Potrei giurare di ricordare quel giorno, i momenti nei quali, in quell’auto, mi divertii a giocare con il comando degli indicatori di direzione, comprendendone per la prima volta il funzionamento.

Sono ricordi, sensazioni, che hanno un sapore antico, prezioso, intenso e che, in qualche modo, mi fanno capire che nonostante il periodo storico vissuto dall’Alfa Romeo in concomitanza con la mia infanzia e giovinezza, sono comunque stati molto importanti per me.

Grazie a chi sta contribuendo al nuovo corso dell’Alfa Romeo forse potrò, finalmente, sognare anch’io di possederne una e di vederla competere e vincere sugli avversari dei tempi antichi. Sono trepidante nel veder compiuta la rinascita della storica Anonima Lombarda Fabbrica Automobili – dico davvero – in quanto oggi so che c’è molto che mi lega a lei, e che c’è un legame altrettanto intenso con tutti gli appassionati che, in tutti questi anni, aspettavano di vedere Lo scudetto dell’Alfa Romeo su una 8C Competizione, su una 4C, su una Giulia Quadrifoglio Verde e chissà su cos’altro in futuro. L’importante è che si torni a correre e a vincere in pista, è quello l’habitat dell’Alfa Romeo. Sognando (molto intensamente) si potrebbe pensare di trovarla, tra qualche anno, a competere in una gara di prima categoria, ad esempio alla partenza di una 24h di Le Mans.

Senza spingersi troppo in là con l’immaginazione posso solo dire d’esser più che entusiasta di assistere allo spettacolo al quale credo assisteremo in futuro grazie anche a questa tanto attesa, benvenuta, Giulia; nella speranza che le stesse sorti favorevoli tornino ad abbracciare un altro orgoglio nazionale dei tempi andati, quella Lancia che faceva rima con Cesare Fiorio e con quella magica sigla, “HF”, che nei rally ha fatto vere e proprie stragi di trofei, e di cuori.

Articolo scritto da:
Antonio Polizzi
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